1 donna su 3 vive un parto traumatico
Il parto in sè è un evento marcante, ricco di emozioni, ma troppo spesso idealizzato. Quando niente va come deve andare regna la delusione, ma quando si ha timore per la propria vita o quella del bambino, quando ci si sente impotenti, il parto diventa un vero e proprio trauma. Secondo i dati del PATTCH (Prevention and Treatmente of Traumatic Childbirth, un’organizzazione australiana che lavora sulla questione dei traumi perinatali) dal 24 al 35% dei parti sono traumatici. Non si tratta quindi solo di storie orribili, pronte a spaventare le donne che non hanno avuto figli. Sono storie di donne che soffrono profondamente. Che soffrono sin dall’inizio della maternità, che dubitano della loro femminilità, di loro stesse, delle loro capacità a essere delle buone madri, a creare un legame solido con i loro figli.
Un parto traumatizzante ha un forte impatto sul futuro del rapporto madre-figlio ed è per questo che è fondamentale parlarne. Molte soffrono in silenzio, altre sono costrette al silenzio e altre ancora minimizzano il trauma perché “è solo un parto”, solo una tappa nella vita di tante donne. Oggi ho capito che la gravidanza, il parto e in generale la maternità sono eventi banali ma personalmente eccezionali. In tanti lo vivono, ma ognuno lo vive a modo suo. Ecco perché un parto traumatico non deve mai essere nascosto nel silenzio.
Parto e sensazioni: tutto conta!
Un bambino che non vuole uscire. Ventosa e forcipe. Sangue. Svenimento. Risveglio in sala operatoria. La vista annebbiata, la gola secca e la pancia ormai vuota. L’angoscia, il panico. Dov’è il mio bambino? Cos’è successo? A volte si perde il controllo e si ha l’impressione di non essere ascoltati perché l’equipe medica, indaffarata, dimentica di dirci cosa succede e arriva la sensazione che tutto succeda senza di noi quando siamo comunque noi le protagoniste.
Subito dopo, anche la relazione con il bambino sembra falsata. Perdersi il primo sguardo, il primo contatto con la sua pelle, il suo odore. Come riprendersi? Come entrare nel ruolo di madre quando non si è stata capace di essere presente nella prime ore di vita del proprio figlio? Come cancellare senso di frustrazione? Tanti psicologi riconosco anche che il legame tra madre e figlio a volte fa fatica ad instaurarsi quando il parto è stato traumatico o particolarmente complicato. Ma ciò che conta più di tutto sono i tuoi sentimenti. Il trauma di una non sarà necessariamente quello di un’altra.
Una donna che decide di partorire senza peridurale ha avuto l’impressione che il suo corpo sia stato spaccato in due e che sia stata squarciata nel momento in cui il bambino usciva, vivendolo in maniera traumatica. Tutti i traumi legati al parto devono essere raccontati e ascoltati, indipendentemente dalla loro natura, non bisogna vivere nel silenzio.
Il mio parto, la mia guerra: il SSPT postnatale
Il trauma legato a una gravidanza scatena certi sintomi della sindrome da stress post-traumatico (SSPT). Parliamo di disturbi dell’ansia: risvegli notturni, incubi, flash-back, pensieri e ricorsi ricorrenti, crisi di panico, angoscia. Questi disturbi sono spesso legati ad un evento stressante, spaventoso, doloroso: per esempio una guerra, un parto.
Nel 2018, a diversi Congressi di ginecologia, si è annunciato l’allarme ai suicidi post-partum. Nel 2018 infatti il suicidio è stato la seconda casa di mortalità materna dopo i problemi cardiaci. Di fatto il 9% delle morti materne erano infatti causate dal suicidio entro un anno dal parto.
Chiedere una mano d'aiuto
Un baby-blues che non finisce mai o che addirittura si trasforma in depressione, un discorso ruminante sul parto, varie difficoltà a godersi il proprio bambino, disturbi del sonno, dell’alimentazione sono solo alcuni dei vari segnali che mostrano che una donna ha vissuto un parto traumatico. Sin dall'inizio in maternità, puoi rivolgerti a uno psicologo o psichiatra. Appena tornata a casa, non esitare a confidarti con l’ostetrica che verrà a visitarti. Potresti anche rivolgerti al medico di base, l’ipnosi funziona benissimo sui traumi, ma la cosa migliore resta la terapia, che ti permetterà di verbalizzare l’accaduto, i tuoi sentimenti e ti aiuterà a eliminare il senso di colpa per ritrovare te stessa, il tuo corpo e il bambino. In ogni caso la cosa più importante è parlarne il prima possibile.
È anche la ragione per il quale in alcuni Paesi, tra cui la Francia, dal 1 luglio 2022 è diventato obbligatorio un colloquio postnatale con un medico o un’ostetrica tra la quarta e l’ottava settimana che segue il parto al fine di identificare eventuali sintomi di depressione. In quest’occasione non esitare e fare tutte le domande possibile. Ovviamente accetta anche i tuoi sentimenti, senza vergogna e senza paura di chiedere aiuto se necessario.
Il consiglio della redazione – L’importante è che il bambino sia in saluteNo! O meglio... certo, è importante che il bambino sia in salute. Ma se questa è l’unica risposta che siamo capaci di dare a una mamma che ha vissuto un parto, la stiamo costringendo al silenzio. Le stiamo indirettamente dicendo di stare zitta e di farsi bastare il fatto che lei e il bimbo siano in vita e in salute. I suoi sentimenti quindi diventano automaticamente inappropriati. È sbagliato! Per rimettersi da un trauma perinatale, bisogna riconoscere e accettare i propri sentimenti. È normale avere paura e sentirsi male dopo un’esperienza simile, anche se il bambino sta bene. La salute della madre conta tanto quanto quella del bambino.
🤗 Capirsi, accettarsi, essere felici... Qui e ora! #BornToBeMe
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