Disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività, di cosa si tratta?

Aggiornato il da Amelia Lombardi

Difficoltà nel concentrarsi, di stare immobile o di controllare le proprie pulsioni. Ecco alcuni segni del disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività. Più comunemente noto come ADHD, se ne parla tanto per bambini e adolescenti, ma può toccare anche gli adulti. Le conseguenze di questo disturbo dell’attenzione si ritrovano nella vita quotidiana, sociale, familiare, scolastica o professionale. Ecco perché è importante sapere se ci tocca da vicino, a noi in prima persona o magari a nostro figlio.

Disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività, di cosa si tratta?
 
 Sommario

Cos’è il disturbo da deficit di attenzione?

Il disturbo da deficit di attenzione è un disturbo dello sviluppo neurologico caratterizzato da una difficoltà persistente nel concentrarsi, restare attenti, terminare un compito o semplicemente aspettare. Potrebbe trattarsi anche di un’iperattività motrice con una reale incapacità di stare fermi e un continuo bisogno di muoversi. Nei bambini è un disturbo abbastanza frequente (tra il 5 e l’8% dei bambini ne sono colpiti). In media, questo deficit viene diagnosticato intorno ai 7 anni, ma se ne possono riconoscere i sintomi già all’età di 2 anni, quindi molto prima dell’entrata a scuola.

⚠️ Ormai si parla solo di AHDH, anche se non c’è iperattività.

Le bambine e l’ADHD

Si dice che solitamente sono i maschietti a soffrire di ADHD. Di conseguenza, anche gli studi sono tendenzialmente orientati verso i maschi, trascurando enormemente la ricerca sui soggetti femminili. Basti pensare alle recenti scoperte sull’endometriosi 😕… Inoltre, i sintomi sono meno visibili nelle donne, proprio perché non c’è necessariamente l’iperattività. Non bisogna quindi partire dal principio che una bambina non ne sarà colpita! Anche se la diagnosi è più complessa non bisogna lasciare la presa. Soprattutto se parliamo di donne ormai adulte che sospettano di soffrire di ADHD 😥.

L’ADHD negli adulti

Quando si parla di ADHD spesso si fa riferimento ai bambini, ma è importante ricordare che è un disturbo che colpisce anche gli adulti. In realtà, si tratta di un disturbo persistente, poiché la metà dei bambini che ne soffrono durante l’infanzia, ne soffriranno anche da adulti.

😮 Però magari questo deficit non è stato diagnosticato da bambini e lo si scopre direttamente da adulti. Bisogna quindi stare attenti ai sintomi per sapere se ne siamo affetti o meno. Il nostro ADHD potrebbe anche avere ripercussioni sui nostri figli, ragion per cui farci caso è ancora più importante.

Quali sono i sintomi dell’ADHD?

Bisogna sapere che i sintomi dell’ADHD si dividono in due grandi gruppi: i comportamenti di inattenzione e i comportamenti di iperattività e di impulsività. Questo si traduce con:

  • Difficoltà a stare attenti per lunghi periodi,
  • Errori di inattenzione su compiti o altre attività,
  • Scarsa attenzione ai dettagli,
  • Difficoltà a portare a termine un’attività o un compito,
  • Disinteresse per tutto ciò che necessita un alto sforzo mentale,
  • Tendenza a distrarsi facilmente o ad avere dimenticanze,
  • Bisogno costante di muoversi spostando mani e piedi,
  • Difficoltà a restare seduti a lungo,
  • Bisogno di correre e saltare ovunque,
  • Tendenza a parlare tanto,
  • Scarso interesse per le attività calme,
  • Tendenza a interrompere gli altri,
  • Bisogno di imporre la propria presenza,
  • Difficoltà ad aspettare,
  • Carattere imprevedibile e mutevole,
  • Sbalzi d’umore regolari.

Generalmente, i bambini che soffrono di ADHD sono descritti come rumorosi o addirittura aggressivi, cosa che provoca difficoltà sociali e un senso di rifiuto da parte degli altri 💔.

👉 In ogni caso, tieni a mente che non tutti i bambini con un comportamento complicato sono affetti da ADHD. Per esempio, potrebbe essere anche una sordità non diagnosticata a generare i problemi di attenzione. È bene quindi esplorare diverse piste per capire il comportamento del proprio figlio 👀.

Come capire se si soffre di deficit dell’attenzione da adulti?

I principali sintomi restano ovviamente l’inattenzione, l’iperattività e l’impulsività, che vengono però espressi diversamente 🤔. Gli adulti ADHD hanno spesso una vita caotica, ma hanno meno iperattività rispetto all’infanzia. Altre forme di manifestazione sono per esempio la ricerca di sensazioni forti (sport estremi), o il bisogno di fare tante attività e tutte insieme. Come i bambini, gli adulti hanno difficoltà a terminare attività o compiti e una scarsa concentrazione. Sarà anche difficile organizzare il proprio tempo e la propria routine a corto, medio e lungo termine 😅.

A livello caratteriale, sono stati individuati alcuni sintomi molto specifici dell’ADHD nell’adulto:

  • labilità emotiva (sbalzi d’umore)
  • carattere collerico o impulsivo
  • scarsa stima di sé
  • difficoltà a gestire lo stress o un’intolleranza alla frustrazione
  • ansia generalizzata
  • poca stabilità (amorosa o professionale)

Quali sono le cause del disturbo da deficit di attenzione?

La questione legittima da porsi è “c’è solo una o diverse cause per l’ADHD?”. La o le cause non sono ancora note al giorno d’oggi. Si parla spesso di disturbi neurologici, poiché i ricercatori hanno osservato un disequilibrio in certi neurotrasmettitori nel cervello 🧠. Allo stesso tempo, sono unanimi sul fatto che l’ADHD non sia causato da:

  • bisogno di affetto
  • contesti familiari con lacune in materia di educazione
  • stress psicologico
  • cattiva formazione scolastica
  • poca volontà di imparare.

I profili “a rischio”

I fattori citati non sono una causa, ma possono esacerbare il disturbo dell’attenzione. Inoltre, bisogna sapere che non ci sono legami tra l’intelligenza e l’ADHD. Certo, potrebbero esserci difficoltà scolastiche o professionali a causa dei sintomi, ma non significa in alcun modo che ci sia anche una mancanza di intelligenza  ❗ Al contrario, possiamo bloccare più facilmente il deficit di attenzione in certi profili “a rischio” a causa di:

  • antecedenti familiari (genetici)
  • un urto violento in testa durante l’infanzia
  • nascita prematura
  • mancanza di ossigeno alla nascita
  • Meningite batterica

Diagnosi e trattamento dell’ADHD

Che si tratti dell’infanzia o dell’età adulta, l’ADHD può avere delle ripercussioni sulla vita della persona che ne soffre. Potrebbero infatti manifestarsi problemi comportamenti e sociali, per esempio alcuni adulti che ne soffrono fanno fatica ad avere un equilibrio di vita e soffrono di altri disturbi o dipendenze 😞. È quindi fondamentale stabilire una diagnosi il prima possibile (idealmente dall’infanzia).

Fare diagnosticare l’ADHD necessita di un po’ di tempo, poiché bisogna fare una valutazione approfondita del bambino e del suo ambiente di vita. Diverse persone possono intervenire: il medico generico o pediatra, lo psichiatra, lo psicologo, uno psicomotricista, anche un ortofonista, un ergoterapeuta e un assistente sociale.

I professionisti tenderanno prima di tutto a controllare lo sviluppo della psicomotricità del bambino tramite un report stabilito dai genitori. Per individuare l’ADHD esistono test psicologici e neuropsicologici che permettono di valutare il quoziente intellettivo e il potenziale di apprendimento 📐.

Trovare un trattamento adatto

Per i bambini il trattamento comincia sempre con misure che non prevedono l’uso di medicinali. L’importante è aiutare il bambino e i suoi genitori. La cosa migliore sarebbe portarlo dallo psicologo per un trattamento completo. È anche possibile aiutarlo in altri modi, soprattutto per la sua vita scolastica:

  • Prevedere periodi di lavoro corti,
  • Distribuire i compiti in piccole unità facili da gestire,
  • Farlo mettere in prima fila a scuola per evitare le distrazioni,
  • Dargli più tempo per finire il suo lavoro,
  • Fargli prendere appunti sui suoi compiti e fare liste insieme a lui,
  • Utilizzare aiuti come tappi per le orecchie e una palla antistress,
  • Attribuirgli compiti semplici in cui si sente utile per dargli fiducia in se stesso,
  • Usare la ruota delle emozioni per aiutarlo a esprimere ciò prova.

La diagnosi per gli adulti è un po’ più complessa, poiché la maggior parte dei sintomi dell’ADHD possono essere anche sintomi di altri disturbi come depressione o disturbo bipolare. Non bisogna quindi esitare a rivolgersi ad uno psichiatra e uno psicologo per fare una diagnosi e avere una cura più adatta.

La testimonianza di Blandine sul suo ADHD

Bladine ha accettato di testimoniare su questo disturbo, diagnosticato già in età adulta, e su quello di suo figlio, che inoltre è anche iperattivo. Questo mostra che è un lungo percorso, ma anche che ormai, con una cura adatta, riesce a gestire meglio il suo disturbo e quello di suo figlio 🤗.

💬  


Tutto è iniziato con un’amica che mi ha incoraggiato a fare un testo del QI dicendomi che secondo lei avevo un alto potenziale. Ho fatto le mie ricerche su internet e mi sono subito riconosciuta in quello che leggevo. Sembrava che si facessero tornare alla luce anni di ombra e malessere. Il test ha effettivamente rilevato che fossi un plusdotata e la psicologa ha identificato l’ADHD. Ci ho messo un po’ a digerire questa informazione. Ho lasciato passare un po’ di tempo e ho capito che non ero stupida come mi facevano credere da piccola. Ho quindi ripreso gli studi in psicologia, anche se la mia attenzione mi mette i bastoni tra le ruote con i suoi sbalzi. Malgrado tutto riesco a farcela, ma con grande fatica.

In parallelo, provo anche tante soluzioni: il mio medico generico mi dice che l’ADHD non esiste per gli adulti. Mi rivolgo al servizio di neuropsicologia che mi dice che non è grave… Rimango incinta durante l’università ma cerco comunque di seguire. La nascita di mio figlio manda tutto all’aria, finisco per fare un burnout genitoriale a fine anno. Questa volta mi impunto e finisco per trovare un servizio specializzato per adulti ADHD. Per la prima volta, mi ascoltano, parliamo, mi fanno una diagnosi ADHD. Comincio una cura e pian piano riprendo in mano la mia vita: recupero l’attenzione e riesco a gestire le emozioni. Ho poi sperimentato la TCC, la mindfullness su un programma progettato appositamente per l’ADHD.

L’ADHD ha un tasso di ereditarietà di circa il 70%, quindi io e mio marito sapevamo che nostro figlio ne avrebbe sofferto. È stato l’asilo ad avvertirci inizialmente. Mio marito ed io avevamo una forma senza iperattività fisica, nostro figlio invece ha sviluppato una grande iperattività ed è stata molto dura. Inoltre, era impossibile trovare qualcuno che lo diagnosticasse perché era ancora troppo piccolo. Grazie a una psicomotrice siamo stati ricevuti da un pedopsichiatra e una neuropediatra, che hanno entrambi confermato immediatamente l’ADHD. Nostro figlio ha saltato una classe quest’anno, visto che la noia in casso moltiplicava i sintomi dell’ADHD e provocava diversi disturbi comportamentali in classe. Dopo questo salto di classe, tutto è tornato alla normalità (per ora)!

Ora, so che l’ADHD è anche un punto di forza. Oggi non è un nemico, è un amico. A volte mi infastidisce perché vorrei che fosse meno presente in quello che faccio. Poi mi ricordo che tutto ciò che ho voglia di fare, tutti i miei desideri, tutto ciò che ho creato è anche grazie a lui. Sono totalmente riconoscente di aver potuto conoscere l’ADHD per me, per mio figlio e di aver quindi potuto curarlo da subito”.


Non esitare a leggere e ascoltare podcast sull’argomento, è importante avere il massimo di elementi in mano per capire questo disturbo dell’attenzione.


Il consiglio della redazione: la convivenza sarà un passeggiata

Si può benissimo convivere con l’ADHD. Sappi che ci sono anche dottori che ne soffrono, a riprova del fatto che questo disturbo non ha impedito loro di intraprendere gli studi di medicina. È importare farsi diagnosticare questo disturbo per organizzare meglio la propria vita. Se pensi di soffrirne, non esitare a contattare uno psicologo per fare un bilancio.

🤗 Capirsi, accettarsi, essere felici... Qui e ora!
#BornToBeMe


Maggio informazioni su: https://www.msdmanuals.com/it

Articolo suggerito da Amelia Lombardi

La scrittura è un mezzo di espressione meraviglioso di cui non posso fare a meno. Mi ha permesso di incanalare la mia ipersensibilità e amo scrivere di psicologia e sviluppo personale. La comprensione di sé è il modo migliore per andare avanti!

Gli articoli appena pubblicati

Ripiegarsi su se stessi: quando l'isolamento sociale è un malessere profondo

Ad un certo punto ho cominciato a ripiegarmi su me stessa, quando è venuta a mancare mia madre. Avevo appena terminato gli studi e quando mi è stato offerto un lavoro a tempo indeterminato, ho preferito rifiutare. Sono rimasta a casa da sola per diversi mesi, con pochissimi contatti con gli altri. Fortunatamente, i miei amici più cari mi hanno aiutato a superare questo episodio molto complicato. Ripigerarsi su se stessi non è solo una questione di solitudine, ma anche un segno di profondo malessere. Come si può definire? Quali sono le cause? Come uscirne? Ve ne parlo in questo articolo.

Non mi sento più desiderata, come far salire la temperatura?

Finalmente è estate e le temperature salgono… all’esterno! Perché dentro casa, purtroppo, non è più così. Anni di relazione hanno un po’ raffreddato il desiderio. Un bacio per abitudine, di tanto in tanto una carezza e l’amore solo quando capita. Per chi dice che esistono delle meravigliose relazioni platoniche e appaganti, buon per loro! Io non voglio saperne nulla. Al contrario, è il momento di far salire la temperatura e risvegliare la libido.

Come evitare di trasformare la rabbia in violenza?

Il confine tra rabbia e violenza è sottile e a volte basta davvero poco perché la rabbia sfoci in violenza. La famosa goccia che fa traboccare il vaso… hai presente? Oggi ci siamo chiesti come riuscire a evitarla. Esiste una rabbia “sana”? Come evitare che la rabbia diventi violenza? Scopriamolo insieme.

Sindrome di Peter Pan: l’eterno bambino che ha paura di crescere

Impossibilità di esprimere le proprie emozioni, procrastinazione, solitudine… Tutti sintomi che possono far pensare che soffri della sindrome di Peter Pan. Prigioniero/a dell’infanzia, non accetti di affrontare le responsabilità della vita adulta. Oggi ti racconto il complesso di Peter Pan.

Ansia sociale, sintomi e come superarla

Parlare in pubblico è un vero e proprio incubo e la fiducia in se stessi un sogno ancora troppo lontano. Si diventa paonazzi e non si riesce a nascondere il tremolio, la paura di essere ridicolizzati o umiliati fa perdere letteralmente il controllo. Se la timidezza può essere la causa di questo inconveniente, l’ansia potrebbe nascondere un malessere molto più profondo: l’ansia sociale, altrimenti nota come fobia sociale. Di cosa si tratta? Come si supera?

Come riconoscere una persona psicorigida?

“Devi farlo tu”, “No, tu non metterci mano”, “non si può fare diversamente”. Non ne posso più di tutti questi ordini! Addio libertà, solo ansia continua… No, non è una malattia essere rigidi, ma diciamo che rovina l’atmosfera. Ormai ho imparato a riconoscere le persone psicorigide per adattarmi. Ebbene sì, esiste un buon modo per reagire di fronte a queste persone che vogliono dirci anche quando respirare.

In una coppia bisogna proprio dirsi tutto?

Hai un passato di cui non vai fiera e che non vuoi raccontare? Cerchi di preservare la tua dolce metà da questo segreto ma un giorno la verità salta fuori e la tua coppia si distrugge in mille pezzi… Avresti dovuto raccontare tutta la verità sin da subito? Certe persone risponderanno subito “sì, bisogna dirsi tutto” e altre con un irremovibile “no”. Non esiste una risposta giusta, dipende dalle vostre sensazioni del momento.

Stress nei bambini: 8 consigli per affrontarlo e superarlo

Sbalzi d’umore, disturbi del sonno, rifiuto della scuola, tendenza ad isolarsi... Anche se non riesce a spiegare il suo malessere, ci sono diversi sintomi che possono rivelare un forte stato di stress nei bambini. Quando i più piccoli sono stressati non è semplice intervenire per aiutarli. Come ridurre lo stress? Come calmarlo? Scopriamolo insieme.

I testi più belli per consolare una persona in lutto

La vita è fatta per che finire. È purtroppo un luogo comune, ma la morte è quasi sempre una tragedia che colpisce profondamente chi resta. L'assenza è difficile da sopportare, ma a volte le parole possono essere un vero aiuto, mettendo un po' di balsamo sul cuore e, se non spegnendo un dolore, almeno lenendolo.

Non riesco più a lavorare: cosa mi succede?

Mi capitava di alzarmi la mattina ma non mi sentivo più in grado di lavorare. Mi sentivo esausta appena sveglia e non avevo più forze. Stare seduta in ufficio, collegarmi alla rete aziendale e leggere le mail, solo questo mi stancava. Purtroppo questo è uno dei segni del burnout e devi fare attenzione, altrimenti arrivi a un punto di non ritorno. A quel punto sarà troppo tardi, il burnout sarà già arrivato.

Wengood è anche musica...

Gaslighting: l'arte ignobile di manipolare la mente


"Non preoccuparti se gli altri non ti apprezzano. Preoccupati se tu non apprezzi te stesso."


Confucio


Come superare un tradimento? 5 passi fondamentali!