Angoscia o ansia da separazione: Qual è la differenza?
L’angoscia da separazione rappresenta una fase naturale dello sviluppo del bebè. Si manifesta di solito intorno all’ottavo mese, quando il bambino sviluppa la motricità e comincia a diventare autonomo. Nella prima fase di vita, l’essere umano è infatti l’unico mammifero che non riesce a spostarsi da solo e anche quando ce la fa, ha bisogno della protezione di qualcuno.
Ecco quindi spiegata l’angoscia da separazione. Solitamente si estende per una durata di 18 mesi, talvolta meno, ma difficilmente di più, altrimenti si parla di ansia da separazione. Quest’ansia si sviluppa soprattutto nei bambini tra i 6 e 7 anni, e a volte anche tra gli adolescenti. Questi ultimi sentono un forte senso di ansia quando devono allontanarsi dalle persone che amano (in particolare dai genitori) e dalla propria casa. Si parla quindi di ansia da separazione quando il bambino manifesta tre di questi otto sintomi:
- profonda tristezza quando si allontana dalle persone alle quali è più legato,
- paura eccessiva e persistente legata alla scomparsa di una o più figure di riferimento,
- paura eccessiva e persistente di un evento che separi il bambino dalle sue principali figure di riferimento,
- costante reticenza o addirittura rifiuto di andare a scuola a causa di questa paura della separazione,
- reticenza eccessiva nel restare da solo a casa o ad andare da solo altrove,
- rifiuto di andare a dormire senza avere accanto uno dei propri cari,
- incubi ricorrenti sul tema della separazione,
- lamentele continue in caso di separazione dai propri cari.
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L’angoscia della separazione: l’attaccamento e il corpo
Se l’ansia da separazione è un disturbo che è bene curare (talvolta grazie a una terapia familiare o individuale), l’angoscia da separazione è una tappa obbligata nello sviluppo perché indica che il bambino cresce, scopre il mondo che lo circonda e soprattutto che ha creato un legame con i suoi genitori, perché con loro si sente in sicurezza. E poi c’è da considerare che il bambino passa da una simbiosi totale durante la gravidanza, a una simbiosi parziale con un genitore (solitamente la madre) per poi improvvisamente prendere coscienza del suo corpo e sperimentare per la prima volta la separazione psichica e le preoccupazioni che ne derivano!
Placare l’angoscia: cosa fare e cosa evitare?
Ormai è chiaro, si tratta di una fase importante dello sviluppo del bebè e nonostante sia spesso corta, potrebbe essere difficile da affrontare sia per i genitori che per i bambini. Ecco quindi qualche consiglio per uscirne indenni!
1) Il pupazzo
È giunto il momento di presentargli un bel pupazzetto! Il pupazzo, il ciuccio o qualsiasi altro oggetto diventano un sostituto del genitore. L’oggetto diventa il simbolo del legame anche in assenza dei genitori. È quindi il momento ideale per fare amicizia con Orsetto, Coniglietto e così via.
2) Stargli vicino
Stargli vicino quando lo si porta in un luogo a lui sconosciuto. Ha bisogno di tempo per abituarsi, stare vicino a lui lo rassicura e lo incoraggia.
3) Giocare a nascondino
Giocare a nascondino o a “cucù” per insegnare il concetto di “permanenza dell’oggetto”: anche se i genitori (o un oggetto) non sono più in vista, continuano ad esistere.
4) Non farne un dramma
Bisognerebbe rendere la separazione piacevole… e breve! Insomma, se il bambino piange, consolatelo, dategli un bacio, salutatelo e andate via. Non bisogna drammatizzare troppo la situazione.
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Cosa evitare:
1) Non affidatelo ad altre persone in questo periodo, rischiereste di aggravare o far durare più a lungo l’angoscia della separazione.
2) Non costringetelo a stare con gli altri e non fatelo arrabbiare se cerca di esprimere una preoccupazione.
3) Evitate di cambiare stanza senza avvisarlo. Comunicare con il bambino è fondamentale e anche se non capisce sempre tutto quello che gli dite, sa che gli state parlando. Ecco perché bisogna dirgli “Vado a prendere qualcosa in macchina e torno”, “Vado in bagno e torno” ecc. Inoltre, evitate di allontanarvi senza dire niente mentre gioca o dorme, finirà per cercarvi dappertutto e si sentirà abbandonato non vedendovi più.
A seconda dei bambini, l’angoscia può essere più o meno lunga e svela il carattere del bambino: resiliente o magari un po’ più esplosivo! Ma attenzione, se l’angoscia persiste dopo i 18 mesi, sarebbe meglio parlarne a uno specialista.
E gli adulti?
Anche gli adulti possono soffrire dell’angoscia da separazione. Si parla in questo caso di intolleranza alla solitudine o addirittura di crisi di panico a causa della solitudine e dell’abbandono. Queste persone hanno spesso una vita amorosa complicata perché si fidanzano soprattutto per non stare da sole, più che per amore. Purtroppo per loro, risulta quindi impossibile uscire da una relazione amorosa tossica o allontanarsi da un narcisista perverso.
In questi casi, la paura di stare da soli è più forte di qualsiasi altra cosa ed è spesso chi li circonda a rendersene conto. Bisognerà quindi aiutare la persona che soffre di angoscia da separazione proponendogli una terapia. È l’unico modo di curare una ferita che spesso risale all’infanzia e che impedisce di andare avanti nella vita!
Il consiglio della redazione: non abbiate vergogna di chiedere aiutoSe pensate che l’angoscia da separazione sia troppo forte per vostro figlio o che qualcosa non va, non esitate a contattare uno psicologo per fare il punto della situazione.
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Fonte: msdmanuals