Cos’è l’autolesionismo?
La particolarità dell’autolesionismo è che il soggetto che lo pratica mostra dei disturbi psicologici che manifesta con dei segni fisici. Infatti, chi è affetto da autolesionismo si procura intenzionalmente dei danni fisici, i più comuni dei quali sono spesso tagli o bruciature, ma anche abuso di farmaci o sostante alcoliche per causare un overdose che non sia letale. A tal proposito, spesso si associa l’autolesionismo al suicidio, credendo che queste persone desiderino togliersi la vita. Questa credenza popolare in realtà non ha fondamento scientifico e, al contrario, è raro che una persona autolesionista desideri suicidarsi o abbia tendenze suicide. Inoltre, di solito la persona che ricorre all’autolesionismo lo fa dopo una crisi, un momento in cui il malessere emotivo e psicologico è insostenibile: una volta terminata la crisi, il soggetto ritorna lentamente verso una stabilità e il suo desiderio di autoinfliggersi del dolore si affievolisce.
Tra le modalità alle quali ricorrono i soggetti che praticano l’autolesionismo troviamo:
- Tagli, bruciature, perforazioni e abrasioni
- Mordersi, dare colpi con la testa (spesso associati a patologie come l'autismo o sindrome di Tourette)
- Overdose di farmaci, prodotti chimici o sostanze alcoliche
- Ingestione di cibo (infatti c’è una forte correlazione tra l’autolesionismo e i disturbi del comportamento alimentare)
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Quali sono le cause?
Secondo gli esperti, spesso le persone che ricorrono all'autolesionismo lo fanno con l’intento di autopunirsi. Le cause che portano all'autolesionismo sono un forte stress emotivo, un'incontrollabile sensazione di angoscia, un profondo senso di colpa o situazioni e circostanze percepite come insopportabili. Questi sentimenti di forte malessere sono spesso causati da traumi (che possono essere di natura fisica o emotiva) e problemi sociali o psicologici (come depressione, disturbi della personalità, etc). Cercando di dare una spiegazione alle motivazioni che spingono le persone verso l’autolesionismo, si è arrivati ad alcune conclusioni, tra le quali:
- Autolesionismo come strategia di coping: secondo la quale sembra che queste persone si procurino delle ferite fisiche allo scopo di alleviare un dolore emotivo o psicologico percepito come insostenibile. Il soggetto si procura dolore fisico in modo che questo distolga l’attenzione dal dolore emotivo, un modo per riacquisire il controllo della situazione e canalizzare il dolore interno in qualcosa di più concreto come il dolore fisico.
- Autolesionismo come punizione autoinflitta: il soggetto sente la necessità di punirsi, autoinfliggendosi dei dolori fisici.
- Autolesionismo come comunicazione: il soggetto vuole comunicare il proprio malessere e disagio mostrando delle ferite fisiche visibili.
Quali sono le persone più colpite?
Dalle indagini statistiche svolte al riguardo, sembra che le persone che soffrono maggiormente di autolesionismo siano gli adolescenti e i giovani dai 12 ai 24 anni (anche se, lo ricordiamo, l’autolesionismo può riguardare persone di tutte le età), persone che hanno amici o familiari autolesionisti, coloro che hanno subito abusi e violenze, le persone omosessuali o bisessuali (problemi legati alla discriminazione) e i carcerati (per questi ultimi, sembra che l’autolesionismo possa essere quasi una via di fuga per sfuggire alle risse e alle violenze dell’ambiente carcerario).
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Quali sono i sintomi?
Tra i sintomi dell’autolesionismo troviamo i segni fisici che ne conseguono, nonché comportamenti anomali. Tra i segni più evidenti si sottolineano:
- Le ferite autoinflitte (tagli, bruciature, etc.)
- Isolamento, depressione, atteggiamento di chiusura
- Il tentativo da parte del soggetto autolesionista di non mostrare le ferite per paura di essere scoperto, arrivando ad avere dei comportamenti anomali e quindi sospetti.
- Anomalie nelle abitudini alimentari
Come diagnosticarlo?
Per diagnosticare l’autolesionismo sono necessari un esame obbiettivo (che consiste in un’analisi generale dello stato di salute del paziente) e un’analisi del profilo comportamentale psicologico: l’esperto in salute mentale pone delle domande al paziente per capire le motivazioni che lo hanno portato all’autolesionismo. Al termine di questi esami, gli esperti fanno una valutazione del caso per comprendere la natura del problema (ovvero se è causato da una depressione, piuttosto che da traumi, malattie psicologiche etc) e la conseguente cura.
Come curarlo?
Spesso il trattamento prescritto per chi ricorre all’autolesionismo richiede l’intervento di figure varie e diverse. Infatti, è necessario l’intervento di medici, psichiatri e psicoterapeuti. Non esistono farmaci per curare l’autolesionismo; tuttavia, potrebbero essere prescritti dei farmaci antidepressivi in presenza di disturbi dell’umore. Tra i trattamenti spesso utilizzati per curare l’autolesionismo troviamo la Terapia cognitivo comportamentale (TCC), la psicoterapia familiare (che coinvolge la famiglia del paziente) e le terapie di gruppo.
Il consiglio della redazione: la sincerità è fondamentaleÈ assolutamente necessario che il paziente, nel momento della diagnosi, sia assolutamente sincero riguardo ai danni che si infligge, affinché il team di esperti possa svolgere al meglio il suo lavoro e scegliere la terapia più adatta. Se questa problematica ti riguarda da vicino, che sia in prima persona o magari riguardi qualcuno a te caro come un amico o un familiare, cerca di instaurare un dialogo sincero con chi ti sta vicino, per fare il primo passo verso l’accettazione del problema e trovare la forza per rivolgersi ad un professionista, che saprà fare una diagnosi adeguata e prescrivere la terapia più adatta.
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*Fonti:
Autolesionismo - MyPersonalTrainer
Autolesionismo - State of mind