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Il cervello farà in modo di camuffare le informazioni ricevute in modo da non potervi più avere accesso per il tempo necessario, in attesa che la realtà un giorno ci faccia aprire gli occhi o che riusciamo ad essere pronti ad accettare la situazione. Nell’attesa, continuiamo la nostra vita come se non fosse successo niente, e questo è ciò che viene definito “la negazione” o, più comunemente “nascondere la testa sotto la sabbia”.
La negazione: un percorso alternativo
La negazione fa parte dei meccanismi di difesa più comuni del nostro cervello. Tutti noi ne abbiamo fatto ricorso almeno una volta, magari senza nemmeno rendercene conto, in modo più o meno moderato. È proprio quello che si intende con l’espressione “nascondere la testa sotto la sabbia”. Quando qualcuno che ha ricorso alla negazione viene posto davanti al problema, magari con delle domande, quest’ultimo non capirà nemmeno di cosa si tratta, tanto si sente estraneo al problema. Questo è il principio stesso della negazione.
🧠Un meccanismo di difesa totalmente subconscio, che serve a negare la realtà rendendo inaccessibile l’informazione nel cervello. La negazione permette dunque di superare l’insuperabile, di gettare nel dimenticatoio, in un colpo solo, una realtà troppo dura, rinchiuderla da qualche parte e buttare via la chiave. Questo può accadere nel caso di:
- Parole che non vogliamo ascoltare: decesso di un nostro parente, malattia…
- Situazioni alle quali non vogliamo assistere: dipendenze (la propria o quella di una persona cara da cose quali l’alcool, il gioco d’azzardo, etc.), una rottura inevitabile, violenze psicologiche e/o fisiche (violenze coniugali, abusi sessuali…), molestie, burn-out…
➡ La negazione è il rifiuto dell'accettazione di un evento vissuto e percepito come in modo traumatico. Un’incapacità di accettare ciò che è avvenuto nella nostra vita reale, che ci orienta dunque verso un percorso alternativo per proseguire il corso della nostra vita come se non fosse successo nulla. Se da una parte si tratta di una protezione necessaria alla gestione delle emozioni, che ci preserva per il tempo necessario da un dolore troppo intenso per essere sopportato, dall’altra questa “deviazione” è solo temporanea.
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Le falle del sistema
All’apparenza può sembrare un metodo infallibile, ma in realtà questo sistema presenta delle falle. Perché l’effetto della negazione è solo temporaneo. In questo tempo di negazione, la persona ha impiegato tutte le sue energie per proseguire il corso della sua vita senza tenere conto della reale situazione. Non ha potuto agire per poter “sistemare” le cose o per sforzarsi di adattarsi realmente alla realtà dei fatti. Poco importa del tempo passato, le informazioni inizialmente chiuse da qualche parte nel nostro cervello non vengono modificate, nonostante tutto. E la chiave che serviva a chiudere la porta un bel giorno riappare, semplicemente perché è arrivato il momento di affrontare la realtà. La verità ci si presenta davanti tutt’a un tratto.
Dunque, possiamo davvero affermare che questo sia un meccanismo utile o piuttosto sarebbe meglio dire che ci immerge in un mondo irreale per poi lasciarci soli di fronte alle conseguenze? Si, sul momento la negazione riduce le tensioni e le ansie date dalle situazioni difficili ma, allo stesso tempo, è giusto dire che la negazione, anche se subconscia, comporta dei rischi perché, portata all’estremo, potrebbe avere l’effetto inverso e scatenare delle nevrosi, degli attacchi di panico, fobie, ossessioni, o addirittura metterci in pericolo…
Il meccanismo della negazione può arrivare a essere talmente invasivo da farci vedere il mondo che ci siamo costruiti come sola e unica verità, un’illusione che ci protegge dalla dura realtà, ma fino a che punto e a quale prezzo? Per esempio, la negazione nell’ambito delle patologie come l’alcolismo: la negazione porta l’alcolizzato ad ignorare la sua condizione, permettendogli di conservare una buona opinione di sé, nonostante continui a mettere la sua salute in pericolo. In caso di negazione di una gravidanza, per esempio, a soffrire sono sia la madre che il bambino, per non parlare dello shock psicologico e delle ansie che ne derivano…
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La soluzione? Prendere coscienza della situazione per poter andare avanti…
Una persona che ricorre alla negazione non sarà in grado di risolvere il suo problema fino a quando rimarrà intrappolata in questo mondo irreale. Ecco perché è molto difficile uscirne. Questo processo è subconscio, quindi né la famiglia, né gli amici più stretti possono riuscire a convincere la persona coinvolta ad uscire dalla sua spirale di negazione.
Solo il diretto interessato può, una volta arrivato il momento, uscire poco a poco dalla sua stessa negazione per rientrare nel mondo reale secondo il suo personale ritmo e adattarsi a queste nuove circostanze. È questa presa di coscienza che permette di elaborare il dolore, di analizzarlo, di superarlo attraverso l’accettazione, e di disfarsi della prigione mentale precedentemente creata.
Il consiglio della redazione: non esitare ad andare da uno specialistaUna volta presa consapevolezza del fatto che c’è qualcosa in noi che ci provoca malessere e non riusciamo a capire che cosa sia, è meglio non tergiversare e recarsi subito da un terapeuta. Nel caso della negazione, consultare uno specialista può permettere di intraprendere un lavoro di ricostruzione attraverso degli esercizi di respirazione e di rilassamento. Lavorare sul “qui e ora” permetterà di concentrarsi sull’armonia del corpo e dello spirito. |